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Denuncia del 16 Luglio 2001, contro il Direttore Area Pensioni -
Sede INPS di Palermo, Dott. Saverio D'Aleo.
Denuncia del 12 Novembre 2001, contro il Direttore Generale Sede
INPS di Palermo, Dott. G. Russo, per l'aver questi reso dichiarazioni mendaci
all'Autoritá giudiziaria nel corso delle sue indagini.
Istanza di INCIDENTE PROBATORIO del 12 Novembre 2001, con la quale
si chiede che sia assunta la testimonianza diretta della Sig.ra Margherita
Caminita, parte offesa
Denuncia del 12 Novembre 2001, contro la Vice-Console d'Italia in
Bedford, Maria Lucia Corneli. per l'aver questi formato un passaporto falso
intestato alla Sig.ra Caminita, allo scopo di favoreggiare i Servizi Sociali di
Bedfordshire.
Esposto dell'11 Febbraio
2002, contro l'operato del Console d'Italia in Manchester, Marcello
Cavalcaselle.
Denuncia del 09 Aprile 2002, contro l'Ambasciatore d'Italia a
Londra, Luigi Amaduzzi per l'aver inteso diffamare col mezzo epistolare, Francesco
Errante ed i suoi collaboratori.
Denuncia del 09 Aprile 2002, contro :
1) i coniugi Gaetano ed Antonietta Tramunto, (Park View
Lodge, Bedford) per sequestro di persona e riduzione in schiavitu' ai danni della
Sig.ra Caminita Margherita.
2) Bedfordshire Social & Community Care (Servizi Sociali di
Bedfordshire) per sequestro di persona e riduzione in schiavitu' ai danni della
Sig.ra Caminita.
3) Bedfordshire Police per concorso esterno in sequestro di persona,
riduzione in schiavitu' ,favoreggiamento e falso.
4) Lorenzo Losi, membro per la Gran Bretagna del Consiglio Generale
Italiani all'Estero (COMITES), per concorso esterno in sequestro di persona,
riduzione in schiavitu' e favoreggiamento.
5) Maria Lucia Corneli, Vice-Console d'Italia in Bedford, per concorso
esterno in sequestro di persona, riduzione in schiavitu', favoreggiamento,
omissione d'atti d'ufficio e falso.
2006, 2008, 2013, varie denuncie per la sparizione della Sig.ra
Margherita Caminita dall'Anagrafe della popolazione residente all'Estero (A.I.R.E.)
e sua conseguente e ripetuta perdita del diritto di voto.
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15/12/2012 - "Palermo, veleni dopo la cattura di un boss."
Bruciate le indagini su Messina Denaro
PALERMO - È un vero e proprio atto d' accusa quello scritto dal
procuratore aggiunto di Palermo Teresa Principato, il magistrato che coordina le
ricerche dell' ultimo superlatitante di Cosa nostra: «È stata stoppata un' indagine
su Matteo Messina Denaro che proseguiva da circa due anni». Ed è un atto d' accusa
contro il vertice della sua Procura, che ieri mattina ha dato il via libera a una
maxi-operazione della polizia in provincia di Agrigento: fra i 49 arrestati c' è un
vecchio capomafia, Leo Sutera detto "il professore", che i carabinieri del Ros
seguivano da tempo dopo la sua scarcerazione, convinti che avrebbe portato presto a
Messina Denaro. Da settimane, Teresa Principato e i pm del suo pool, Marzia Sabella
e Paolo Guido, chiedevano il rinvio del blitz della polizia al procuratore
Francesco Messineo e al suo aggiunto che coordina le indagini su Agrigento,
Vittorio Teresi. Un' ultima frenetica riunione è stata convocata lunedì mattina.
«Una riunione mortificante», scrive adesso la Principato, che parla apertamente di
«amarezza per quanto accaduto» in un documento inviato ieri pomeriggio via email a
tutti i 30 pm della direzione distrettuale antimafia: «Si doveva decidere se
stoppare un' indagine su Messina Denaro che proseguiva da circa due anni o
procedere a un fermo per mafia ed estorsione ad Agrigento». Per i pm del pool
Messina Denaro, Leo Sutera rappresentava uno snodo fondamentale della catena di
comunicazione del superlatitante, ma anche un personaggio chiave per comprendere la
riorganizzazione di Cosa nostra palermitana. Per i pm del pool Agrigento, Leo
Sutera andava invece arrestato al più presto, perché al centro di una serie di
intimidazioni ed estorsioni che negli ultimi mesi hanno piegato decine di
commercianti dell' Agrigentino. Nel corso delle ultime riunioni, i magistrati del
pool Agrigento hanno ribadito soprattutto che nelle loro indagini non è mai emersa
traccia del superlatitante. L' ha ripetuto ieri mattina il procuratore aggiunto
Teresi durante la conferenza stampa per il blitz della polizia: «L' operazione di
oggi non nasce da indagini sulla ricerca di Messina Denaro». Ma i pm del pool
Messina Denaro continuanoa pensarla diversamente e in più di una riunione hanno
obiettato che Leo Sutera era seguito e intercettato esclusivamente da loro,
attraverso gli investigatori del Ros: le intercettazioni della polizia erano
soltanto sugli uomini del "professore", che ogni tanto andavano da lui per prendere
ordini e riorganizzare la provincia mafiosa di Agrigento. L' ultima parola l' ha
detta il procuratore capo Francesco Messineo, che ha esaminato con cura i due
filoni d' indagine attorno a Sutera, quello dei carabinieri e quello della polizia.
Il responso è arrivato pochi giorni fa: via libera, con tanto di visto del
procuratore, al blitz della polizia e all' arresto di Sutera, perché «non ci sono
prospettive certe di arresto di Messina Denaro», è la stessa Principato a ricordare
il verdetto di Messineo nella sua lettera ai colleghi. Sembra non esserci pace alla
Procura di Palermo. Nei giorni scorsi, le divisioni erano scoppiate sull' indagine
riguardante la trattativa. E a fatica, lunedì, si era arrivati a un documento
unitario che ribadiva la solidarietà ai pm impegnati nell' inchiesta sui misteri
del ' 92-' 93. Ma la pace è durata neanche 24 ore. E adesso le polemiche sono su
una questione di grande attualità, la cattura del latitante trapanese che sta
riorganizzando Cosa nostra, è il capomafia che conosce i segreti delle stragi:
sembra imprendibile dal 1994, nonostante gli sforzi di polizia, carabinieri e
persino dei servizi segreti. Negli ultimi quattro anni,i magistrati del pool
diretto dalla Principato hanno fatto terra bruciata attorno alla galassia Messina
Denaro, individuando anche i lucrosi affari del superlatitante, gestiti da
insospettabili prestanome. Ma il padrino resta in libertà
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2012/06/27/palermo-veleni-dopo-la-cattura-di-un.html

15/12/2012 - "Fuga di notizie dalla Procura"
Palermo, indagato Francesco Messineo, (Procuratore Capo)
Il capo dei pm sotto inchiesta nell'ambito di un'indagine per
usura a carico di Banca Nuova
Per cinque ore, interrotte solo da una breve pausa per un caffè, Francesco
Messineo, capo della Procura di Palermo, si è dovuto difendere, ieri, davanti ai
colleghi di Caltanissetta dal sospetto di avere rivelato notizie riservate su
un'indagine in corso. Per la presunta fuga di notizie il Procuratore è stato
iscritto nel registro degli indagati dai colleghi nisseni, competenti sulle
inchieste a carico dei magistrati del distretto giudiziario di Palermo.
Sul contenuto del lungo interrogatorio c'è il massimo riserbo. Nessun commento
dalla Procura di Caltanissetta, né dal legale che ha accompagnato Messineo,
l'avvocato Francesco Messineo.
La trasferta nissena di ieri non chiude una partita che si gioca su più fronti:
quello giudiziario, ancora tutto aperto, e quello interno all'ufficio inquirente
del capoluogo che rischia di Procurare a Messineo, almeno nel breve periodo, i
fastidi maggiori. Per lunedì, infatti, è stata convocata l'assemblea generale
della Procura. Inizialmente senza ordine del giorno, dopo le pressioni di un
gruppo di sostituti, con la discussione dell'imbarazzante caso della fuga di
notizie tra gli argomenti in discussione.
La vicenda risale a giugno scorso quando l'allora direttore generale di Banca
Nuova, Francesco Maiolini, telefona a Messineo chiedendogli spiegazioni su un
avviso di identificazione su un'indagine in corso che gli è stato appena
notificato. L'inchiesta riguardava un'ipotesi di usura bancaria. Il telefono del
manager è sotto controllo, ma nell'ambito di un'altra indagine, questa volta per
riciclaggio aggravato, coordinata dall'allora aggiunto Antonio Ingroia. E la
conversazione tra i due viene intercettata. Dopo la telefonata Messineo e
Maiolini si incontrano. Successivamente l'ex manager, sempre ignorando di essere
intercettato, telefona al legale della sede centrale dell'istituto di credito
mostrando di essere a conoscenza di particolari precisi sull'inchiesta di usura:
dal tipo di fascicolo aperto - un procedimento a carico di ignoti, il cosiddetto
modello 44 -, al periodo specifico al quale gli accertamenti si riferiscono, gli
anni 2009-2010. Chi ha svelato a Maiolini notizie riservate tanto precise? Su
questo indagano i PP.MM. di Caltanissetta ai quali a settembre, tre mesi dopo la
telefonata, Ingroia ha mandato le carte. La Procura nissena ha sentito nelle
scorse settimane i sostituti palermitani che coordinano l'indagine sull'usura: a
uno di loro in particolare Messineo aveva chiesto lumi prima di parlare con
Maiolini.
Al di là dei contorni giudiziari, la vicenda ha creato molti imbarazzi in
Procura, un ufficio da tempo spaccato sulla gestione di indagini importanti come
quella sulla trattativa tra lo Stato e la mafia. Lunedì per Messineo, che da mesi
ha fatto domanda per la guida della Procura generale, sarà il giorno più lungo:
non sarà solo l'assemblea dei suoi sostituti ad occuparsi di lui, ma anche la
prima commissione del CSM, quella competente per i trasferimenti per
incompatibilità ambientale, che sarebbe pronta ad aprire una pratica sul
caso.
http://www.lastampa.it/2012/12/15/italia/cronache/il-Procuratore-di-palermo-indagato-per-una-presunta-fuga-di-notizie-Gg5ns4Yzdmoy7iV7saN5SM/pagina.html
28/12/2012 - "Fuga di notizie, Lari si
astiene"
Il caso Messineo passa a Catania
Il Procuratore di Caltanissetta è amico personale di Francesco Maiolini, indagato
per riciclaggio. "Del caso si è occupato in esclusiva il Procuratore aggiunto
Domenico Gozzo, unitamente a due sostituti". La palla passa al Procuratore di
Catania, Giovanni Salvi
Il Procuratore di Caltanissetta, Sergio Lari, ha deciso di astenersi sul caso
della fuga di notizie dalla Procura di Palermo, in cui è coinvolto il capo
dell'ufficio, Francesco Messineo. "Per fare chiarezza sul mio ruolo nella vicenda
sulla presunta fuga di notizie riservate che avrebbero favorito l'ex direttore
generale di Banca Nuova, Francesco Maiolini, voglio precisare - spiega Lari- che
del caso si è occupato in esclusiva il Procuratore aggiunto Domenico Gozzo,
unitamente a due sostituti".
Lari è amico personale di Maiolini, indagato per un caso di presunto
riciclaggio che sarebbe avvenuto quando era direttore generale di Banca Nuova. Di
alcuni dettagli dell'inchiesta Maiolini sarebbe venuto a conoscenza attraverso
una telefonata con il Procuratore Messineo, ragione per la quale quest'ultimo è
adesso indagato per fuga di notizie.
"Da parte mia - aggiunge Lari - ho presentato istanza di astensione che è stata
accolta dal Procuratore generale di Caltanissetta. Gli atti relativi - aggiunge
Lari - sono stati trasmessi per relativa competenza, pertanto l'esecuzione di
tutti gli adempimenti propri al direttore dell'ufficio, direttamente o
indirettamente connessi alla trattazione del procedimento in questione, saranno
espletati dal Procuratore della Repubblica di Catania, Giovanni Salvi".
http://palermo.repubblica.it/cronaca/2012/12/28/news/fuga_di_notizie_..../
26/01/2013 - Procuratore Messineo indagato, CSM apre
procedimento per trasferimento
La prima commissione del Consiglio superiore della magistratura
che si occupa dei trasferimenti per incompatibilità ambientale i giudici e pm, ha
aperto un fascicolo sul Procuratore di Palermo che è indagato, a Caltanissetta,
per violazione di segreto istruttorio ed è stato interrogato il mese scorso.
La prima commissione del Consiglio superiore della magistratura che si occupa dei
trasferimenti per incompatibilità ambientale i giudici e Pm, ha aperto un
fascicolo sul Procuratore di Palermo Francesco Messineo che è indagato, a
Caltanissetta, per violazione di segreto istruttorio.
Il capo dei PP.MM. palermitani è finito nel registro degli indagati per
un'intercettazione indiretta.
L'alto magistrato sarebbe stato captato mentre parlava al telefono con un
dirigente di un importante istituto di credito, che avrebbe chiesto informazioni
in merito ad un'indagine in corso. L'inchiesta riguardava proprio la banca nella
quale presta servizio l'interlocutore indagato di Messineo. Ed è per questo che
la conversazione è stata registrata dalla DIA, che dopo aver ascoltato hanno
inviato tutti gli atti alla Procura di Caltanissetta, quella competente per le
indagini sui magistrati palermitani. La conversazione tra Messineo e il manager,
l'ex direttore generale di Banca Nuova Francesco Maiolini, risale al 12 giugno
scorso. Maiolini, sotto controllo per un'altra indagine di riciclaggio aggravato
condotta dalla DDA chiede a Messineo spiegazioni su un avviso di identificazione
ricevuto e relativo a una indagine per usura. Messineo è stato interrogato per
cinque ore lo scorso dicembre e sul contenuto del lungo interrogatorio c'è stato
il massimo riserbo. Nessun commento dalla Procura di Caltanissetta, né dal legale
che ha accompagnato Messineo. Oggi l'iniziativa del CSM.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/01/26/Procuratore-messineo-indagato-csm-apre-procedimento-per-trasferimento/480776/
12 Giugno 2013 - Messineo rischia il trasferimento.
Il C.S.M.: "Fece sfumare la cattura del boss Matteo Messina Denaro" .
La prima commissione si muove contro il Procuratore capo di Palermo: "Era troppo
influenzato da Ingroia"
Un Procuratore debole, sottoposto a condizionamenti, come quello
che sarebbe stato esercitato su di lui da Antonio Ingroia, a lungo suo «vice»; e
che avrebbe di fatto rinunciato a dirigere l'ufficio, con effetti pesanti, visto
che la cattura del boss Matteo Messina Denaro sarebbe sfumata proprio per
«difetto di coordinamento». Ma non solo: un capo che avrebbe mandato in crisi il
rapporto di fiducia dei suoi collaboratori anche per comportamenti tenuti nei
procedimenti che riguardavano i suoi familiari e l'inchiesta su Banca Nuova, che
coinvolse il suo amico e direttore dell'istituto di credito Francesco Maiolini. È
un ritratto impietoso, ma da verificare, quello del capo della Procura di Palermo
Francesco Messineo che tratteggia il CSM. La Prima Commissione ha ascoltato nei
mesi scorsi i suoi aggiunti e sostituti: e oggi, sulla base di quanto loro
riferito, ha deciso di aprire a carico di Messineo la procedura di trasferimento
d'ufficio per incompatibilità ambientale. Il che vuole dire che il Procuratore,
che è stato convocato per il 2 luglio prossimo per difendersi, rischia di dover
lasciare Palermo. La scelta di aprire la procedura per il trasferimento d'ufficio
è stata presa con il voto favorevole di tutta la Commissione e l'astensione del
laico del Pdl Nicolo' Zanon, nella convinzione che, per le situazioni e i
rapporti che si sono determinati con i suoi pm, Messineo «non può continuare a
esercitare con piena indipendenza e imparzialità» le sue funzioni.
Gli «accusatori» di Messineo sono soprattutto, ma non solo, due
suoi aggiunti, Teresa Principato e Leonardo Agueci. Sono stati loro a riferire
che alla Procura di Palermo era sorto il «sospetto» che il capo Francesco
Messineo «avesse perso piena libertà e indipendenza» nei confronti del
Procuratore aggiunto Antonio Ingroia o che ci fosse comunque con lui un «rapporto
privilegiato» («peraltro successivamente ammesso» dal diretto interessato). Un
quadro in cui, secondo il CSM, si inserisce la circostanza che Ingroia - il
quale, peraltro, era titolare di uno dei processi a carico del cognato del
Procuratore, Sergio Sacco - tenne in un cassetto per cinque mesi intercettazioni
che riguardavano Messineo, informando la competente Procura di Caltanissetta
soltanto qualche giorno prima di lasciare il suo incarico di aggiunto per andare
in Guatemala. Si tratta delle intercettazioni per le quali in seguito il
Procuratore è stato indagato per rivelazione di segreto d'ufficio, con l'accusa
-caduta oggi con l'archiviazione del procedimento- di aver passato informazioni a
Maiolini su un'indagine che lo riguardava.
Sulle modalità di conduzione della Procura il CSM va giù pesante:
Messineo non ha favorito la circolazione interna di informazioni sulle indagini;
e, «conseguenza di questo difetto di coordinamento, sarebbe stata la mancata
cattura del latitante Matteo Messina Denaro». Niente scambio di notizie nemmeno
sulle modalità di gestione del pentito Ciancimino e in generale sull'inchiesta
sulla trattativa Stato-mafia: quando alcuni pm si lamentarono con il Procuratore,
lui rispose che «era sua intenzione» tenere riunioni sulle indagini, «ma che
erano altri colleghi (riferendosi implicitamente a Ingroia, Di Matteo e a Sava) a
essere dissenzienti». «Non meno grave» è il «mancato adempimento dei suoi doveri
di vigilanza in relazione ai rapporti con la stampa di alcuni magistrati del suo
ufficio», scrive ancora il CSM, imputando a Messineo la rinuncia a esercitare
poteri di coordinamento e direzione dell'Ufficio, «dando deleghe in bianco o
isolandosi in un silenzio totale».
Altro punto dolente è non aver seguito «criteri coerenti»
nell'utilizzo dello strumento dell'astensione, nei procedimenti che hanno
riguardato i suoi congiunti (cognato e fratello) e Banca Nuova. Un comportamento
che ha determinato «perplessità» tra i suoi collaboratori.
E non è tutto: Palazzo dei Marescialli imputa a Messineo relazioni
«inopportune» con soggetti titolari del potere economico e politico locale. Il
riferimento esplicito è a Maiolini. Nelle carte si racconta che il Procuratore
invitò il suo sostituto Verzera che indagava per usura bancaria a «soprassedere,
in attesa di ulteriori acquisizioni» all'iscrizione del direttore di banca, a lui
legato da «rapporti di amicizia». Rapporti continuati anche durante l'indagine
della Procura di Palermo e tanto consolidati che Messineo in passato aveva
chiesto e ottenuto da Maiolini «un posto di lavoro per suo figlio»
Alessandro.
Alla Procura di Palermo c'era il «sospetto» che il capo
Francesco Messineo «avesse perso piena indipendenza» nei confronti di Antonio
Ingroia o che ci fosse comunque con lui un «rapporto privilegiato» («peraltro
successivamente ammesso» dal diretto interessato) che avrebbe determinato un suo
«condizionamento» , è quanto si legge anche nell'incolpazione, che in questo
quadro inserisce anche il fatto che Ingroia tenne per 5 mesi le intercettazioni
che riguardavano Messineo, prima di trasmetterle a Caltanissetta.
Il procuratore guida attualmente l'accusa nel processo sulla
presunta trattativa tra Stato e Mafia, che vede imputati tra gli altri l'ex
senatore del Pdl Marcello Dell'Utri, ex alti ufficiali dei carabinieri e, solo
per il reato di falsa testimonianza, l'ex ministro dell'Interno e vicepresidente
del Csm Nicola Mancino.
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Caso Abu Omar.
La strana grazia di Napolitano
Il disprezzo per il Diritto, la Costituzione e le leggi sembrava una
prerogativa di Berlusconi & Company. Ma non e' vero. Il governo Monti e il
Presidente della Repubblica hanno adottato provvedimenti impensabili: il decreto
Ilva, la vicenda dei maro', il conflitto di attribuzione con la Procura di Palermo,
la grazia a Sallusti e alla fine la grazia all'ufficiale USA Joseph Romano hanno
dimostrato che anche questi statisti sui generis hanno una concezione proprietaria
della Stato: quando credono che una presunta ragion di Stato richiede, la violenza
al Diritto non e' di ostacolo.
Corte Costituzionale, sentenza 200/2006: la grazia risponde a finalita umanitarie,
atto di clemenza individuale che incide sull'esecuzione di una pena validamente
inflitta da un giudice con le garanzie formali e sostanziali del processo penale.
La sua funzione eattuare i valori costituzionale, consacrati all'art. 27 della
Costituzione, cui devono ispirarsi tutte le pene: senso di umanita' e
rieducazione.
Poi e' arrivato Abu Omar, a cui l'Italia aveva concesso asilo politico, sequestrato
dalla CIA con la complicita' dei servizi segreti italiani. Gli autori di questo
"crimine contro l'umanita'" - cosi definito da Parlamento Europeo, Consiglio
d'Europa, Cedu, Nazioni Unite, Amnesty International, Human Rights Watch - , sono
condannati dopo i consueti 3 gradi di giudizio. E Napolitano concede la grazia a
Joseph Romano, uno degli americani sequestratori, l'unico militare, gli altri 22
essendo civili (agenti CIA). Il fatto e' che motivare la grazia scrivendo: Obama me
lo ha chiesto, gli USA sono gli USA e noi non siamo niente, e' dura. A parte tutto,
contrasta con la sentenza 200/2006. E dunque, i consiglieri giuridici del
Presidente si arrampicano sugli specchi e partoriscono motivazioni per giustificare
l'iniziativa. Fallendo miseramente ma, dal loro punto di vista, non tanto: chi se
li va a studiare codici, pandette e giurisprudenza? Qualche frase ad effetto e la
facciamo franca. E da vedersi: "Il Capo dello Stato ha tenuto conto della
mutate situazione normativa introdotta dal DPR 11 marzo 2013, n. 27" (20
giorni prima della grazia) sicche', la rinuncia da parte del Ministro della
Giustizia alIa giurisdizione italiana sui reati commessi da militari NATO e' oggi
consentita in ogni stato e grado del giudizio (comunicato stampa della Presidenza
della Repubblica). Bisogna sapere che il Ministro della Giustizia poteva in
effetti, se la legge lo avesse consentito, rinunciare a processare Romano (militare
USA; capito perche solo lui e' stato graziato? Per quanti garbugli si fossero
inventati i civili CIA restavano fuori). Ma la richiesta doveva pervenire prima che
fosse notificato il decreto di citazione per il dibattimento di primo grado; cosi'
diceva la legge vigente all'epoca del processo. Gli USA la presentarono fuori tempo
massimo. E inutilmente Alfano, Ministro della giustizia all'epoca dei fatti,
scrisse al Tribunale e alIa Corte d'Appello auspicando che la richiesta americana
fosse accolta; i giudici gli risposero che legge non lo consentiva. Sicche'
appoggiarsi a una legge del 2013 (ma Ie leggi ad personam non erano una vergogna?)
per giustificare un provvedimento che riguarda processi celebrati tra il 2007 e il
2012 e privo di senso. In ogni modo la rinuncia alIa giurisdizione non avrebbe
potuto comunque essere effettuata. Secondo la Convenzione NATO (L. 1955/1335) le
autorita italiane hanno giurisdizione esclusiva per i reati punibili dalle leggi
della Stato italiano ma non da quelle Usa. Che il rapimento di Abu Omar non fosse
considerato reato in Usa fu ammesso esplicitamente nel 2005 dal Segretario di Stato
Condoleeza Rice nel corso di un suo viaggio in Europa; sicche Romano non sarebbe
mai stato giudicato negli Usa. Che e' il motivo per il quale la Cassazione rigetta
l'istanza di rinuncia alla giurisdizione italiana. E comunque Ie autorita USA
avrebbero avuto giurisdizione solo per i reati che minacciavano unicamente la
sicurezza USA o la persona di un militare o un civile americano; ovvero per i reati
risultanti da qualsiasi atto di negligenza compiuti nell'esecuzione del servizio.
Nel caso di ogni altro reato, la giurisdizione sarebbe spettata a titolo
prioritario all'Italia. Ed e evidente che il rapimento di Abu Omar non metteva in
pericolo la sicurezza degli Usa, semmai mirava a garantirla. E che non puo
considerarsi "servizio" riconosciuto dalla Convenzione NATO, la consumazione di un
crimine contro l'umanita. Per convincersene basta ricordare il caso del Cermis,
quando un aereo USA, nel corso di un pattugliamento ("servizio") trancia il cavo di
una teleferica con conseguente morte di molte persone: in quel caso i militari non
furono processati in Italia per omicidio colposo ma in USA. Qualificare il
sequestro di persona come "servizio" equivarrebbe a riconoscere tale qualifica a
una rapinacommessa dal militare straniero per Procurarsi soldi necessari per
proseguire un'indagine: assurdo. Napolitano scrive anche che "la decisione e'
ispirata allo stesso principio che l'Italia, suI piano della giurisdizione, cerca
di far valere per i due maro' in India". Quale sia il nesso con persone che non
agivano in qualita di militari NATO, organizzazione a cui l'India non aderisce, e'
incomprensibile.
Presidente, ancora una volta: non sta bene fare queste cose.
Caso Abu Omar - La strana grazia di Napolitano
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